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KAVANGO E GROOTFONTEIN
Nunda Lodge. Per un attimo sono stata tentata di mettermi fuori a scrivere, ma poi ho pensato che era veramente troppo assordante. Perché è un tripudio di gracidii e cori di gracidii e note accese di xilofoni – mi hanno detto che sono i piccoli di rana che fanno questo suono particolarissimo da xilofono, o da acchiappavento di legno. E prima, nel crepuscolo, il canto di uccelli che non conosco sembrava il suono di un dispositivo elettronico, tipo un bip. E poi grilli, bestie che si muovono fra la vegetazione rigogliosa, o anche là, poco più in là, nelle acque placide del fiume – continuo liquido proseguire – verso il delta leggendario che si sfalda e muore nel deserto. I bungalow non trattengono quasi niente in fatto di rumori… ed è tutto un gracidio con xilofoni. Prima fuori, fumando, ho visto tante lucciole frugare nel buio delle frasche, come strane stelle cadenti.
Ad un tratto manca la luce, è il buio più impenetrabile, mancherà per circa un quarto d’ora. E’ un buio totale, denso, assoluto. In quei minuti, forse proprio per via del concerto notturno enorme e sovrastante, ho pensato (fra le altre cose) ai ciechi e alla cecità, a quel buio pieno di suoni e odori e sensazioni tattili in un mondo che, pur essendo il nostro, è totalmente (quasi incomprensibilmente) diverso. Ci sono stati dei periodi da piccola in cui fui stranamente affascinata dalla condizione del cieco, là dove, nell’oscurità profonda e umana, si sviluppano modi di “vedere” alternativi.
Questa parte del Paese ha l’aria un po’ più selvaggia, è un’altra Namibia, rigogliosa, lussureggiante, con altra gente, altri animali, altra vegetazione… Ho attraversato paesaggi incantati che mi hanno fatto venire in mente favole e fiabe, la magia, l’infinito, pianeti chimerici di visionari scrittori di fantascienza, lune lontane, meteoriti e monti come composti di metalli sconosciuti e alieni (invece poi era solo la luce, il sole bagnato e il cielo pervinca di un temporale).
Abbiamo macinato molta strada. Sono un po’ stretta nel mio angolino in auto, l’unico movimento quando il mio fondoschiena secco non ce la fa più è tirare su le gambe; e c’è sempre uno sbruffo d’aria che mi colpisce costante nel collo. Ma pazienza. Il tour è anche questo: auto e auto; soste per sgranchire le gambe e fumare una sigaretta, foto d’immagini rubate di passaggio, le sorprese varie e inconsuete che ti regala l’on the road, incontri fortuiti e visioni… spesso mi sono veramente goduta visioni di paesaggi fuori dal finestrino, mentre scorrevano nella testa altrettanti pensieri, riflessioni, ricordi, sogni, piacevolmente immersa nei cazzi miei…
A Grootfontein siamo stati dai Boscimani. Ovviamente mi piacciono, ovviamente è stata una gran bella esperienza; fortunata anzi che abbia fatto in tempo a farla, visto che ormai stanno scomparendo… Da quel poco che è rimasto di loro si capisce che doveva essere stato un popolo profondamente altruista e umano, in un modo innato, radicale e naturale. La musica è unificante e favorisce l’interelazione, fa danzare, solleva, scalda. Dopo aver percorso più volte i corridoi aperti del loro rudimentale ma ben fornito mercatino, mi decido per una pipa, un chilum invero, di legno chiaro con brevi semplici disegni marron scuro bruciato, ad un costo stracciato. Attaccato a uno spaghetto c’è un rettangolino di carta con sopra scritto il prezzo e il nome di chi l’ha fatto. Quando pago, uno di loro trascrive su un quaderno il nome e la cifra in denaro, lento e diligente come uno scolaro.