Ricorrenze
Il 10 dicembre in Namibia è festa nazionale per i diritti
umani, Public Holiday for Human Rights Day.
"-Se sei in grado
di chiamare me Kurt, dimostrando che rispetti me e la mia lingua, allora perché
non chiami quest'uomo con il suo vero nome?-
Si riferiva
al cuoco.
-Si chiama
Mfundisi. Ripetilo!-
-Ma sulla
carta d'identità c'è scritto Scellino-
-Ma non è
il suo vero nome. Tu proprio non capisci l'importanza del nome, per un essere
umano. Voialtri li avete privati dei loro nomi e li chiamate nei modi più
offensivi. Seipence. Trepence. Scellino. Merlo-
-Ma li
chiamano anche con bellissimi nomi biblici-
Ribatteva
Esther, che approvava quei nomi su base non religiosa ma estetica.
-Ma sono
nomi che non hanno scelto. Esther devi cercare di capire, è davvero importante-
-Io non ho
scelto di chiamarmi Esther, nessuno me lo ha chiesto-
-Voi siete
semplicemente imperdonabili. La storia non vi perdonerà-
-Ma non
sono stata io a privarli dei loro nomi. Io non c'ero. Sono arrivata qui solo
pochi mesi prima di te-"
Doris Lessing, Sotto la pelle
Doris Lessing nacque nel 1919 a Kermanshah in Iran, da genitori inglesi. Aveva due anni e mezzo quando i suoi lasciarono l'Iran e, dopo un breve soggiorno in Gran Bretagna, si trasferirono in Rhodesia del Sud, oggi Zimbabwe, con la speranza di far fortuna coltivando tabacco e altre colture, e cercando vene aurifere. Con un mutuo comprarono un pezzetto di savana; il padre, zoppo dalla prima guerra mondiale, lo fece disboscare; costruirono il pozzo per l'acqua, una casetta, e poi dissodarono e coltivarono i campi intorno. Dietro casa c'era la boscaglia, la savana, il bush. L'autobiografia della Lessing, che va dal 1919 al 1962, dedica molto spazio ai venticinque anni circa di vita in Zimbabwe. Invero parla molto della sua esperienza di militante comunista, tanto in Africa che successivamente in Inghilterra. D'altronde, nella carenza di pubblicazioni sulla storia, anche recente, di quelle zone del pianeta, la testimonianza della Lessing risulta preziosa e stimolante. Sono descritti e messi a nudo diversi aspetti della vita dei coloni, soprattutto negli anni Trenta e Quaranta, in luoghi ancora relativamente remoti e selvaggi; aspetti dell'esistenza quotidiana, dei rapporti sociali, dei mezzi di sostentamento, dell'istruzione, della sanità. E poi gli ideali e le frustrazioni, la voglia di un mondo migliore e le bruttezze davanti agli occhi, le contraddizioni e i no sense. Non mancano spunti di riflessione sulla cosiddetta "questione razziale", verso cui la scrittrice e il gruppo di comunisti-idealisti cui apparteneva erano sensibili e, nel loro piccolo, attivi.
"All'epoca la popolazione bianca di Salisbury [oggi Harare] era di diecimila persone, mentre quella nera era stimata in centomila unità, e sembrava che l'ambizione di ciascuna di quelle centomila persone fosse di lavorare in una casa di bianchi. Quantomeno significava che avevi un posto che ti permetteva di stare legalmente in città, vicino alle sue delizie, ti davano da mangiare, avevi un posto per dormire, avevi un po' di soldi. Book era un giovanotto intelligente che alle nove di mattina aveva già pulito casa e aveva imparato subito a cucinare. Decidemmo che la sua naturale intelligenza in quel modo era sprecata e ci offrimmo di pagargli la scuola serale. Immaginavamo che in pochi anni sarebbe diventato un ragioniere o impiegato in grado di guadagnare uno stipendio superiore a quello che gli pagavamo. Ma lui resistette a tutti i tentativi di convincerlo... Aveva ventidue anni. Aver trovato il lavoro in casa nostra gli sembrava il massimo della fortuna. Perché mai avrebbe dovuto passare le sere a scuola? Lui si divertiva, era un campione di ballo. Aveva una fidanzata elegante. Ed ecco qui invece questi bianchi insistenti, con le loro idee da missionari. La sola cosa che voleva era che gli dessimo più soldi. Noi lo pagavamo già molto di più del consueto, facendogli promettere di non dire nulla agli altri. Naturalmente lui lo disse. Ancora una volta fummo attaccati da padroni di casa arrabbiati che si lamentavano, dicendo che se avevamo soldi da sprecare per questi negri imbroglioni, loro invece non ne avevano. [...] E' facile dire adesso che questo livello di stupidità dei bianchi ne ha reso inevitabile la sconfitta, ma a noi allora, che eravamo una minoranza, la 'supremazia bianca' appariva invincibile."
Leggendo questa parte dell'autobiografia tuttavia mi sono
trovata a pensare che forse sarebbe stato più interessante se l'autrice avesse
parlato meno delle illusioni comuniste e più della gente del posto, dei rapporti
tra neri e bianchi, delle comunità locali e di simili argomenti. La stessa
sensazione l'avevo provata quando qualche anno fa lessi i Racconti africani, testo dove la Lessing in effetti si ripropone di
illustrare proprio questo genere di contenuti. Finché un paio di passaggi, come
quello sopracitato, chiariscono il perché di questa apparente carenza. Il fatto
è che i rapporti tra bianchi e neri, al di fuori dello sfruttamento e del
lavoro, non erano ammessi. Cioè, erano proprio illegali. Se un bianco era colto
a chiacchierare e a intrattenersi con un nero, poteva avere problemi con la
legge. I neri non potevano entrare in città se non per motivi di sfruttamento e
lavoro, dovevano avere un permesso. I neri dovevano stare nel "compound" - oggi town-ship, il
"quartiere dei neri"; per esempio in Namibia, a Windhoek c'è
Katatura, a Swakopmund Mondeza. L'impossibilità di rapporti rende pressoché
impossibile scriverne. Comunque l'autrice ci racconta che se un bianco figlio
di un farmista, o se il farmista stesso, investivano con l'auto ragazzini e
bambini di colore (per sbaglio o per divertimento), si chiudeva un occhio. Per
la maggior parte dei coloni bianchi, i neri erano "appena scesi dagli alberi", poco più che scimmie. Ancora nel
Cinquecento/Seicento in Europa c'erano personalità ecclesiastiche che
discettavano sulla "verità" secondo cui i componenti delle popolazioni
precolombiane, Inca, Maya e compagnia, non fossero in effetti degli esseri
umani, bensì degli "omuncoli",
privi di anima. Alcuni umanisti risposero per le rime a questi giudici in odor
di santità, difendendo gli individui - precolombiani - in quanto individui, e
avanzando posizioni oggi comunemente accettate e assimilate, secondo le quali
in effetti Inca, Aztechi e company erano degli esseri umani a tutto tondo
(anima o non anima, dipende da chi ci crede). Ecco, togliere umanità, ignorare
la dimensione individuale - per esempio annullando il nome proprio con un
nomignolo imposto - viene comodo quando si vuole soggiogare, sottomettere,
schiacciare, schiavizzare, sfruttare.
Oggi Namibia, Zimbabwe, Botswana, Sudafrica sono diversi.
Sebbene problemi, si sa, ce ne siano ancora. A inizio dicembre girava una mail
di Avaaz: "Aveva solo quattordici
anni". Janika, "stuprata e
poi uccisa con un blocco di cemento. Un'altra vittima dell'epidemia di stupri
in Sudafrica". Avaaz chiedeva una donazione per finanziare un
programma di istruzione ed educazione dei giovani e giovanissimi contro lo
stupro e che in altri paesi sta già producendo risultati positivi. Il 25
novembre c'è stata la giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Anche
in Namibia, nelle notti e nelle strade di Katatura, lo stupro non è inusuale.
Anche in Namibia il colonialismo è stato brutale e meschino. A dirla tutta,
oggi le cose vanno senz'altro meglio, ma razzismo ce n'è ancora. Oggi se ci si
rivolge a un nero chiamandolo "kafer" (appellativo tanto presente
nelle pagine della Lessing, anche se scritto "kafir" - forse io sbaglio nel scriverlo come l'ho sempre
sentito pronunciare) in Namibia si può essere denunciati e finire in tribunale.
Ciò purtroppo non ha cambiato il fatto che molti bianchi continuino a
considerare i neri inferiori e a non preoccuparsi di porli nella condizione di
potersi affrancare - mentre continua lo sfruttamento delle terre e dei beni
naturali dove una volta i neri erano soli e padroni (al massimo in lotta con
altre etnie nere - inutile dirlo, in questi casi ad armi un tantino più pari).
Gli squilibri tra bianchi e neri sono ancora presenti. Un esempio. In Namibia
c'è la "medical aid", l'assicurazione medica, paghi per avere
l'assistenza sanitaria, per le cure, per l'ospedale, un po' come negli Stati
Uniti. La sanità gode di un buon livello, professionisti per la maggior parte
formatisi in Sudafrica, infrastrutture e strumentalizzazione di qualità. E'
però una sanità privata. Sono soprattutto
i bianchi ad avervi accesso, pochi neri possono permettersela, sebbene ci
siano. Chi non ha soldi può rivolgersi alla "sanità nazionale",
localmente indicata come "ospedali o dottori dei neri". Una donna di
colore poco più che quarantenne, una colf. Cataratta all'occhio sinistro. Va dal
dottore, va all'ospedale almeno un paio di volte - dottore e ospedale dei
locali - e a poco più di quarant'anni è cieca all'occhio sinistro, per una
cataratta. E' successo cinque anni fa.
I namibiani dedicano il 10 dicembre ai diritti umani - i
quali, tempo fa, un'organizzazione mondiale aveva dichiarato spettare ad ogni
singolo abitante del globo. Ad ogni singolo essere umano dovrebbe essere
garantito il rispetto per la sua persona e l'accesso ad alcuni "beni"
fondamentali quali istruzione, sanità, igiene, informazione, cibo,
un'abitazione con acqua elettricità e bagno... C'è ancora un po' di gente in
Namibia che il 10 dicembre più che festeggiarli (holiday) i diritti umani,
avrebbe ragione di chiederne il rispetto.
Il 10 dicembre, il 25 novembre. E' giusto almeno un giorno
all'anno celebrare e ricordare e far luce e sensibilizzare, specie in un mondo
come il nostro, bombardato da troppi input. Però per analogia mi viene anche in
mente una riflessione della mia maestra delle elementari, che ci trasmetteva
ogni volta nei giorni prossimi alle vacanze natalizie. L'anziana insegnante ci
diceva, a noi bimbetti trepidanti in grembiulino e silenzioso rispetto:
"Durante le festività si sente dire spesso che a Natale bisogna essere
buoni e fare del bene. Invece bisogna essere buoni e fare del bene durante
tutto l'anno." Perché, a dispetto del 25 novembre, e del 10 dicembre,
diritti umani e donne vengono violati ogni giorno, ogni santo giorno.
Le due citazioni: Doris Lessing, Sotto la pelle. La mia autobiografia. 1919-1962. Feltrinelli, Milano, 2019.
Novembre-dicembre 2019