Notizie sparse e pensieri temporaleschi
Terra di maestosi antichi deserti e di energie vibranti che salgono dal suolo, di passioni e contraddizioni, di odori animali e di gusti forti, di popoli miti e sole inclemente, terra da mal d'Africa e nostalgia; paese di fuoco e natura selvaggia, di distese smisurate che sembrano luna e fantascienza, prati di rocce, colline di pietra nera, declivi di stratificazioni amaranto, venature di rame verde-turchino e di ferrosità rosso-sangue, terra rossa come il sangue, un'emorragia di vita, ciuffi argento e bronzo di vegetazione candita, dune immense arancio-rosse-carminio dipende dalla luce, dall'ora del giorno, all'alba come un miraggio, un pastello illuminato da un'algida luce diffusa, verso il tramonto un cielo leggero di crepuscolo incombente e un orizzonte pesante di tinte drappeggiate in disordine, le dune che si allontanano nella lontananza potrebbero essere un quadro di Monet. E poi le distese di bush, le camelthorn e i baobab, le piante grasse, i cespugli giganteggianti, le famiglie a grappolo dei fichi d'india, i ciuffi punk delle euphorbie damarane, le welwistchia semi-fossilizzate, i fiorellini gialli dopo le piogge, distese incantevoli di fiorellini gialli - dopo le piogge.
Animali. Piante. Terra. Rocce. Persone.
Le persone dicono:
"Nel deserto ha sempre piovuto poco. Centimetri. Si
conta in qualche decina di centimetri la pioggia che cade in un anno nel
deserto. Se vai a Solitaire, allo spaccio del distributore, c'è una tabella
appesa con segnati i centimetri di acqua caduti fin'ora dall'inizio dell'anno.
Nel deserto è normale. Ma il resto? Il centro, il nord... là sta iniziando ad
essere dura".
Altri:
"Tutto secco. Non se ne può più. Colpa nostra:
continuiamo a inquinare!"
I più:
"Drought is death. But
what we can do? Maybe tomorrow will be rain".
"Maybe, tomorrow" è una delle espressioni più
tipiche dei namibiani. Drought: siccità. Death: morte. Nel centro e nel nord
del paese muoiono animali, bestiame d'allevamento come fiere selvatiche. Niente
acqua, niente foraggio, si muore, a volte a bordo strada, a volte poco più in
là, altri animali se ne cibano, sciacalli, iene, avvoltoi, mosche, vermi, la
terra stessa - assetata, grulla, arsa. Ma anche a sud, ad Aus per esempio, i
famosi cavalli selvatici, ormai ridotti a pochi esemplari spettrali... cosa
mangiano? cosa bevono?
Nel Mamili i mesi scorsi è stato così asciutto che non
c'erano più nemmeno i canali da guadare con un minimo di esperienza in 4x4;
l'ippopotamo che avevo fotografato qualche anno fa davanti al lodge di Nkasa
Lupala se n'è forse andato in zone più confortevoli al suo fisiologico bisogno
di acqua. Allora era tutto meravigliosamente ricco di natura fresca e
rigogliosa, il verde primeggiava, i colori erano nitidi e fragranti, era pieno
di animali, distese di bufali, che amano l'acqua... Era dicembre e ci sorprese
un furioso temporale che in mezzora scombinò terra e cielo, bagnò tutto e poi
si placò, tingendo l'aria di indaco, rosa e rugiada rappresa; era iniziata la
stagione delle piogge. Persino là su nell'estremo nord-est, territorio baciato
dai grandi fiumi (Okavango, Kwando e Zambesi) notoriamente ricco di zone
acquitrinose, il mondo si sta prosciugando e rinsecchendo. Qualche settimana fa
ci ha scritto il Camp Kwando (zona Mudumu Park, in fondo alla Caprivi Strip)
informandoci che al momento e fino a quando non si deciderà a piovere sul serio
l'attività di crociera in barca è sospesa; le pozze rimaste sono lasciate ad
esclusivo beneficio degli ippopotami che vi vivono: la poca acqua mette
qualsiasi natante in un pericolo tipico per l'Africa, il ribaltamento della
barca per opera dell'ippopotamo.
C'è da pensare "per fortuna i fluttui delle Cascate
Vittoria arrivano da più su, da più lontano..." Forse un giorno il pianeta
sarà senza Cascate Vittoria, chissà che pianeta sarà.
Persino all'Erindi, centro paese, una delle riserve private
più grandi e importanti della Namibia, le pozze d'acqua boccheggiano, in
particolare quella che rende tanto belli il ristorante e la lounge del lodge; mentre
sono del tutto prosciugate quelle piccole su cui si affacciano le varie luxury,
superior e vip suite.
Segnali di un disagio che cresce, di un fenomeno naturale
estremo che può diventare una calamità.
Il presidente namibiano ha dichiarato infatti lo stato di
calamità naturale (o il suo corrispettivo africano), affermando che si tratta
della seconda grave siccità che colpisce il paese negli ultimi tre anni - come
si è potuto leggere per esempio su www.bcc.com a maggio di quest'anno. Il mese
seguente - e la notizia è stata comunicata (un po' velocemente e
imprecisamente, ma con immagini da repertorio strappacuore) anche nel
notiziario serale della tv nazionale italiana il 17 giugno - il governo
namibiano ha messo all'asta un tot di animali: tot giraffe, tot elefanti, tot
bufali, antilopi, orici ecc. Per fortuna - sembrerebbe - non leoni, leopardi e
ghepardi! A giustificazione della svendita, il presidente ha asserito di non
voler assistere di nuovo alla moria di bestie della precedente siccità; e il
guadagno sarà investito nel tentativo di alleviare i danni del flagello. Da
decenni i villaggi e gli insediamenti del centro-nord nei periodi più difficili
vengono approvvigionati con cisterne viaggianti su tir e articolati. Ma gli
animali all'asta? Dove andranno a finire? Qualche fortunato forse in qualche
altro parco o riserva, dove i gestori siano interessati a ristabilire
l'equilibrio faunistico o a rimpolpare la popolazione di qualche specie
precisa, a beneficio dei turisti. Ma il resto? Le risposte più probabili sono zoo
e hunting-farm - giocoforza soprattutto hunting. Almeno poi fosse chiaro dove
finirà il ricavato...
Ormai iniziano a fermarsi anche i cantieri - arduo impastare
malta, fare cemento, senza acqua. Per altro la Namibia è così secca, che quando
scavano devono per forza bagnare la polvere che sollevano se vogliono vederci.
Sì perché razionano l'acqua ai locali, mandano le cisterne, muoiono gli
animali, persino se li vendono, ma i cantieri devono lavorare fino all'ultimo,
anche se succhiano quintalate di acqua, altrimenti gli investitori stranieri
che sovvenzionano i cantieri s'incazzano e sanzionano il paese. Viviamo in un
bel mondo, vero? Soldi. Anche quando la terra torna ad urlarci a squarcia gola,
una gola arsa crepata piagata di caldo e ingiustizie, che l'ACQUA E' VITA. L'acqua
è vita, mica i soldi dei cantieri degli investitori delle aste dei politici del
sistema economico mondiale che ci governa (è questo, Greta, ciò contro cui in
realtà stai lottando, è il sistema economico globale, è come è fatto e come
funziona e come i suoi crismi governino le abitudini di miriadi di esistenze,
che inquina e ci rovina); i soldi non si bevono; quando hai sete, tra Luderitz
e Sesriem, tra le cromie delle Tirasberge e le sinuosità delle dune del Namib,
in estate, a centinaia di chilometri da tutto, a trentanove gradi all'ombra, e
hai sete... prova a berti i soldi se ci riesci! Quando sei un allevatore e vedi
le tue bestie ad una ad una stendersi e morire, dagli da bere dei quattrini se
sei capace.
Poi è vero, il pianeta ha cambiato connotati altre volte, e
cambia indipendentemente dalla nostra superficiale e parassitaria presenza -
siamo come stupidi pulci, un po' troppo affastellate, antropocentriche e prolifiche
nel produrre rifiuti, nella sfera del culo di un grosso San Bernardo che a
malapena si cura di noi. Eppur tuttavia il nostro inquinamento è un morbo
pustoloso che sembra tendere all'autodistruzione, probabilmente accelerando i
processi di cambiamento, di cui abbiamo oscuro il decorso, ce ne freghiamo
della cura attribuendone la responsabilità ai governanti, e ormai ne subiamo
qualche sintomo (vedi le bizzarrie del clima degli ultimi tre/quattro anni in
particolare; vedi specie animali ridotte a poche decine di esemplari anemici e
sifilitici necessariamente in cattività, a causa di cacce spietate spietata
urbanizzazione radicale perdita di habitat falde acquifere rese tossiche e
altre amenità umane). Inoltre il nostro impegno contro l'inquinamento è in
fondo la cifra del nostro rispetto verso gli altri esseri viventi (inclusi gli
altri esseri umani, anche quelli a venire, ovviamente) e verso il luogo in cui
viviamo (che dovrebbe essere l'intero pianeta, non solo il nostro orticello). Rispetto - un valore morale che dovrebbe
contare qualcosa. Eppure un Mr. ciuffo-strabiliante Trump, niente popò di meno
che il presidente USA, pare fregarsene bellamente; non è più questione di rispetto
e giustizia morale per uno così, si direbbe che è solo questione di interesse
materiale potere arrivismo; la filantropia e l'etica sono d'impaccio - là dove
dovrebbero essere il nerbo e la forza di chi governa, ammesso che si governi
ancora in effetti per il bene dei cittadini, come dovrebbe essere, e non per
interessi diversi.
Vado nel bosco col cane e c'è ancora chi è così troglodita e
maleducato (proprio MAL-educato, evidentemente) da gettare cartacce per terra -
e mozziconi di sigarette, che impiegano mezza eternità a biodegradarsi - e nel
bosco non è come in città o in paese dove una volta alla settimana passa la nettezza
urbana... Rispetto per gli altri esseri viventi e il luogo in cui viviamo, appunto.
Nel bosco c'è un piccolo ruscello che canta e gorgheggia, è una gioia vederlo e
sentirlo, è davvero piccolo, ma corre con fluttui vivaci allegri argentei tra
sassi cascate lillipuziane e minuscole anse e micro-piscine da folletti e
alberi caduti e radici di alberi altissimi, d'autunno e d'inverno tra mucchi di
foglie e rami secchi, in primavera già a fine febbraio le sponde si riempiono
di primule giallo-fluo, sono tantissime e il bosco pare un villaggio di fate,
d'inverno ho visto pendere dalle rocce piccoli ghiaccioli di stalattiti
gocciolanti, e in tutte le stagioni animali che vanno a bere o le loro tracce
nel suolo sul fango ai bordi del ruscello. Negli ultimi quattro anni il
ruscello canta solo quando piove tanto; tutti gli altri giorni è muto e
asciutto, triste e morto. In effetti negli ultimi anni dalla fine dell'autunno
fino a primavera inoltrata non piove quasi più, la neve è rara, gli inverni non
sono più così freddi ed è raro che geli di notte. Poi in compenso non mancano
fenomeni violenti e disastrosi, tempeste, bombe d'acqua, guerre di vento...
Perché tutto il mondo è paese, il clima ammattisce qui, si sballa là e sbarella
altrove.
In Namibia la stagione delle piogge di norma va da fine
dicembre/inizio gennaio a fine marzo/inizio aprile. Ovviamente può iniziare o
prima o dopo e terminare o prima o dopo. Qualche anno fa si è allungata fino a
maggio (eccezionale); un paio di anni fa nella parte centrale del paese ci sono
stati due acquazzoni ad agosto, e uno anche quest'anno (da matti!). Negli
ultimi anni ha piovuto pochissimo. Altrimenti i mesi con maggior precipitazioni
sono in genere febbraio e marzo. In Namibia non ci sono le mezze stagioni e con
la fine delle piogge verso aprile/maggio si entra nell'inverno - un inverno
mite e privo di precipitazioni. A settembre è estate, spesso abbastanza di
colpo - fa caldo, caldo, caldo, un caldo secco buono che si respira - non è afa
umido oppressione - è calore puro e mistico, da fornace, da deserto, da inferno
- da morire d'insolazione se non si sta attenti e non si prendono le dovute precauzioni,
in estate, sotto il sole che sfrigola, nelle ore centrali della giornata, e
tutto è incandescente, le suole di gomma delle scarpe da ginnastica sulle dune
e sulla Deadvlei si sciolgono, se tocchi la carrozzeria della jeep ti scotti,
se lasci una bottiglia d'acqua mezzora nell'auto spenta e parcheggiata, la
ritrovi calda che potresti farci il te... A parte sulla costa, a Swakopmund e
dintorni, dove fa sempre fresco (tranne quando soffia l'infuocato east-wind) e
l'incontro tra la corrente fredda oceanica del Benguela con le coste calde del
lungo deserto crea languide nebbie, dense foschie cagliate che là s'incastrano e
sostano di continuo, con banchi di nuvole grigie appesi al cielo che spesso si
aprono tra le dieci di mattina e le quattro del pomeriggio - a parte sulla
costa, nel paese c'è un tasso di umidità bassissimo, generalmente inferiore al
10%. Tra ottobre e novembre dovrebbe esserci la cosiddetta stagione delle
piccole piogge, ma anche se fa, fa poco. Si tratta di occasionali acquazzoni
circoscritti, uno qua uno là, sparuti, portano un sospiro di refrigerio nel
torrido dell'estate, qua e là, con cieca fortuna - quando si hanno. Anche da
gennaio a marzo i fenomeni sono più spesso temporali a carattere sparso e
circoscritto, improbabile che si abbiano piogge che durano giorni, continue ed
estese.
La Namibia resta un paese in prevalenza desertico e
semi-desertico, ad eccezione del florido "triangolo d'oro" (Tsumeb,
Grootfontein e Otavi) e dell'estremo nord-est (Caprivi e oltre, fino al confine
con Botswana e Zambia). Periodi di atroce siccità ci sono da mo', almeno da
prima della colonizzazione per quel che possiamo saperne; ogni tot anni come
un'ira divina il cielo si chiude, ha poche rare lacrime come temporali che sono
come una goccia persa in un'estesa estensione di suolo spoglio marrone slavato
quasi incolore pieno di crepe e rughe privo di vita secco essiccato mummificato
polveroso vuoto assetato pare che urli al cielo un urlo muto strazziante
morente che scandisce sempre la solita litania: ACQUA.
A dirla tutta, per ora la siccità non sembra mettere in
pericolo la bellezza di un paese comunque da sempre arido e carente di fluidi.
I safari sono salvi. I viaggiatori non ne soffrono, quasi non se ne accorgono,
continuano ad innamorarsi e a sognare di tornare. Ma si sa, il troppo stroppia
- se va avanti così, diventerà prima o poi davvero drammatico rovinoso
distruttivo, per tutto e tutti.
Quando piove i namibiani sono contenti, se possono
festeggiano. Può sembrare un ossimoro, ma è davvero così, sono contenti e
solari quando piove. Non l'hanno studiato in nessuna scuola, non hanno avuto un
filosofo (Talete) che nell'indicare l'acqua quale principio primo di tutte le
cose ha dato i natali, per così dire, alla cultura umanista occidentale. No, lo
sanno d'istinto, ce l'hanno nel sangue, come la musica, fa tutt'uno con la
musica, cantano e gioiscono sotto la pioggia che canta e ticchetta frescura,
amano il fresco, molti ignari di Sinatra e del suo singing in the rain - ma il concetto è quello: gioia pura gioia,
pioggia è felicità, acqua è vita.
Settembre-ottobre 2019