Il Kalahari è un interessantissimo esempio di zona transizionale. Le precipitazioni impediscono di definirlo un vero deserto ed anche le sue caratteristiche vegetali lo rendono in generale lontano da tale bioma. E' in realtà una vera e propria zona di transizione tra Savana, Nama-Karoo e Deserto, con classici elementi del primo bioma sulle sue basse dune e caratteri del secondo nelle zone tra le dune stesse. Il bacino del Kalahari (da Kgala “il luogo della grande sete” in lingua Tswana) è una vastissima zona arida che coincide con la parte centrale dell'Africa meridionale. La parte definita come “deserto” del Kalahari copre oltre il 70% del territorio del Botswana, l'est della Namibia, il nordest del Sudafrica ed una parte dello Zimbabwe. Riceve circa 250mm di precipitazioni annue: questo lo rende una zona assolutamente particolare. Aridissima e con temperature estreme presenta tuttavia una vegetazione che consente la sopravvivenza ad alcune specie animali. Le dune sono basse, di un colore ocra intenso e sono intervallate da piccole valli con alte erbe secche che assumono colorazioni d'argento. L'aria è tersa e la luce particolare.
Uno dei deserti più antichi del mondo, porta almeno 80.000 anni di vita sulle spalle maestose delle sue dune, dune fra le più alte e fotografate del pianeta. Un paesaggio estremamente suggestivo, incantato per i colori della sabbia, cremosi, vivi, ocra, rosso, porpora, viola, e per il profumo d'enormità, di eternità. Una passeggiata sulla Duna 45, nella fragranza delle nitide luci mattutine o nell'incendio del morire del sole, rimarrà nel vostro cuore, indelebile, inenarrabile ricordo.
Swakopmund, il principale centro sulla costa, è una cittadina in espansione rinserrata fra il deserto e l'oceano. Dietro la sabbia di continuo l'assedia, mentre davanti impera l'oceano scuro e sconfinato. La corrente del Benguela proveniente dal Polo Sud, rende le acque fredde, buone per la pesca e le ostriche, e a volte copre il paesaggio di nebbiolina azzurra. La cittadina confortevole, ricca di negozietti caratteristici, ristorantini, mercatini e ospitalità, offre anche diverse attività turistiche, come un giro mozzafiato sul quad nelle dune del deserto, con là in fondo il riverbero dell'oceano, o un'escursione avventurosa e sognante nella Valle della Luna. O il museo delle pietre, in centro. Imperdibili poi, la crociera a Walwis Bay e l'emozione del Sandwich Harbor, in jeep fra dune spettacolari, per un'attraversata wild davvero indimenticabile.
Le “alpi” namibiane Spitzkoppe e Brandberg sono tra le più accessibili montagne del paese. Il massiccio del Brandberg (“montagna infuocata”) ha un'altitudine media attorno ai 2.000 metri ed uno dei suoi picchi, il Königstein, rappresenta il punto più elevato della Namibia, a 2.573 metri. Si tratta di un massiccio granitico, formatosi circa 130 milioni di anni fa' per l'intrusione di magma all'interno delle rocce metamorfiche e sedimentarie presenti nella zona. Il colore rossastro del granito dà il nome alla montagna che, soprattutto al tramonto, assume una tonalità infuocata.
Più a sud invece il gruppo dello Spitzkoppe è costituito dal Gross Spitkoppe (noto anche come il Cervino d'Africa per via della sua forma) alto 1.628 metri, dal Klein Spitkoppe e dalle Pondok Mountains (queste ultime prendono il nome da un' espressione afrikaans per indicare le capanne tradizionali). Una zona accessibile e, restando sulle piste principali, piuttosto semplice e veloce da visitare.
Un paesaggio desolato eppure pieno d'incanto, dove strade polverose si snodano attraverso i monti colorati di ocra e porpora, fra i ciuffi punk-argento della velenosissima euphorbia damarana, sfuggevoli springbok e struzzi basiti. Il paesaggio muta, impercettibilmente ma di continuo; la sensazione di magica vastità che questi panorami suscitano, gli indimenticabili tramonti sfolgoranti tra i grossi massi di arenaria rossa, sono davvero immagini che si impregnano nella mente come foto.
Forse il luogo più famoso del Damaralnd, Twyfelfontein nel 1952 venne dichiarata Monumento Nazionale, mentre nel 2007 riceve la nomina a Patrimonio dell'Umanità da parte dell'Unesco. La zona infatti ospita oltre 2.500 reperti. Si tratta di petroglifi: graffiti eseguiti scolpendo la dura patina superficiale che ricopriva l'arenaria della zona, patina che con il passare del tempo si è riformata, proteggendo le incisioni dall'erosione. Probabilmente molte delle incisioni furono eseguite da cacciatori San durante il paleolitico (6000 anni fa).